Ma c'è ridere e ridere. Il ridere che è proprio dell'umorismo è fine e pensoso: non può confondersi con la risata chiassosa del comico e del grottesco o col sorriso beffardo dell'ironia. Si direbbe che il ridere di buona lega sia fortemente congiunto all'intelligenza, anche se non tutti gli intelligenti sono umoristi.
Non ride chi è solo capace di pensare geometricamente il mondo o chi nella cultura prediliga il campo delle certezze assolute. Non ride chi alla lucidità dell'intelligenza non congiunga creativamente la finezza dell'intuizione. Per questo l'umorista è sempre un originale e non è facile che tutti lo apprezzino e lo capiscano: specialmente il volgo incolto che - come dice Pascal - non scorge le differenze tra gli uomini”.
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