martedì 4 giugno 2024

Edipo a Colono

Edipo, dinanzi al cadavere  di Giocasta, strappata dalle sue vesti la fibbia d'oro che le adornava, con questa si era accecato, per non vedere mai più le sventure che aveva provocato e aveva sofferto e si era autoesiliato dalla città.

Lasciata Tebe, Edipo si era diretto verso Colono, un sobborgo alle porte di Atene dove Apollo e le dee Eumenidi gli avevano assicurato che avrebbe finalmente avuto termine la sua vita. E ivi giunto, insieme ad Antigone, che lo accompagnava nel suo viaggio, si era fermato a riposare, in attesa della risposta di Teseo, re di Atene, al quale spettava stabilire se e chi ammettere nella città. 

Ma l'atteggiamento degli abitanti del borgo nei suoi confronti era stato tutt'altro che benevolo: quando, su loro richiesta, Edipo aveva declinato le sue generalità, essi lo avevano invitato senza esitazione ad andarsene, per non contaminare il luogo con la sua presenza. A indurli a una minore ostilità era stato un intervento di Antigone, che aveva ricordato loro che le azioni di Edipo erano state volute dagli dei, ai quali, come essi ben sapevano, nessuno poteva resistere: un argomento importante, avanzato in seguito più volte e ripreso da Edipo stesso: “Vi supplico, ateniesi, accoglietemi, quello che ho fatto è stato solo accettare il dono sventurato che Tebe mi ha fatto offrendomi in moglie mia madre”.

Ma mentre la diffidenza degli ateniesi cominciava a vacillare, a complicare la situazione si era inserita una serie di eventi del tutto inaspettati. Da Tebe era giunta Ismene, portando gravi e preoccupanti novità: Eteocle e Polinice, aspirando ambedue al controllo totale sulla città, erano entrati in un aperto, drammatico conflitto, e Polinice, recatosi ad Argo, dove aveva sposato la figlia del re, stava con questo raccogliendo truppe e armi per riconquistare Tebe. Ma forse ancor più grave era la notizia che gli dei avevano deciso che Edipo non meritava l'esilio al quale era stato costretto, e volevano che questi venisse trovato affinché alla sua morte la sua tomba potesse essere degnamente onorata.

L'ira di Edipo a questa notizia era stata incontrollabile: i suoi figli, che quando aveva abbandonato Tebe non lo avevano difeso né tantomeno aiutato, adesso lo cercavano, pensando che gli dei avrebbero favorito quello tra loro che lo avesse riportato in patria (vv. 421-60).

Ebbene, nessuno, mai, ci sarebbe riuscito. Ad assecondare il suo proposito aveva contribuito in modo fondamentale il fatto che il re Teseo, provvidenzialmente sopraggiunto, gli aveva concesso di restare ad Atene per due concomitanti ragioni: da un canto, avendo agito per volere divino egli era immune da colpa; dall'altro gli dei avevano promesso che, se in futuro Atene e Tebe fossero entrate in conflitto, la prima avrebbe goduto della loro protezione (vv.607-28 sgg).

Accolto quindi definitivamente in città, con la garanzia dell’appoggio essenziale di Teseo, Edipo si avviava a lasciare quella vita che, del tutto indipendentemente da lui, si era trasformata in un incubo. E un giorno il momento tanto atteso era giunto, annunciato, come gli era stato predetto, da un segno divino: un tuono, a seguito del quale si sarebbe addentrato con Teseo nel bosco sacro e lì finalmente avrebbe terminato i suoi giorni.


Eva Cantarella - Contro Antigone


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