mercoledì 6 gennaio 2016

Il dubbio senso degli eschimesi per la neve

Sono in molti ormai a sostenere, anche parlando in convegni accademici, che gli Eschimesi hanno una pluralità di parole per indicare la neve. Chi ha prodotto involontariamente questa leggenda (Benjamin Lee Whorf), ipotizzava che i termini usati fossero almeno quattro; nei passaggi successivi, circolando la notizia, le parole sono diventate nove, poi addirittura cento...

Nessuno però, prima di scrivere o di parlare di questa pluralità di termini, si è premurato di verificarne la scientificità.

"...Pullum conclude ricordando che, di fronte a due diverse citazioni della ‘neve eschimese’ in due convegni accademici, la prima volta cortesemente fece notare la bufala attirandosi sguardi irati, la seconda si limitò a mettersi le mani nei capelli per un buon minuto e poi uscire dalla sala. Non siate vili come me, scherza Pullum, ma alzatevi e dite: ‘il Dictionary of the West Greenlandic Eskimo Language  di C. W. Schultz-Lorentzen  (1927) fornisce solo due radici possibilmente rilevanti, qanik, neve in aria o fiocco di neve e aput, neve per terra, e aggiungete che sareste interessato se chi ha fatto la citazione potesse aggiungere qualche altra parola. Questo non vi renderà di sicuro la persona più popolare in sala, ma avrete reso un servizio alla verità, alla responsabilità e ai buoni standard accademici’.

Fonte
http://www.veneto.antrocom.org/blog/?p=1480

Se le cose stanno così, nella stessa trappola cade anche Carlo Caverni, quando sul sito della Treccani, spiegando il significato del termine veneto freschin, apre un inciso sui cento termini che le popolazioni inuit utilizzano per indicare il bianco.

"...Se certe parlate inuit (eschimesi) conoscono cento modi per definire il colore bianco, cogliendone sfumature per noi - abitanti delle fasce temperate del pianeta - non percettibili, è perché in un mondo colorato di bianco l'occhio culturale degli abitanti ha letto, interpretato e tradotto in segni linguistici differenti le svariate caratteristiche del "bianco" necessarie per il sistema di vita e di valori degli eschimesi. Può essere utile sapere - per esempio - che quel "bianco quasi bianco-neve, ma neve un po' sporca, e sporca non di grigio ma di marrone chiaro tendente al grigio" individua zone di ghiaccio pericolose se sottoposte a pressioni troppo forti: dunque può rivelarsi utile, necessario, nella parlata inuit, possedere un termine che individui quella precisa tonalità di bianco, distinguendola dal bianco "quasi bianco-neve, ma neve un po' sporca, e sporca non di grigio ma di marrone chiaro non tendente al grigio", tipica di ghiacci non pericolosi, cui si associa un altro termine autonomo. In Italia e in italiano, che ce ne faremmo di una simile distinzione?"

Identica scivolata la compiono anche l'autore di un libretto intitolato Il senso del Tingo. Le parole più pazze, curiose e divertenti del mondo, uscito nel 2006 e la sua traduttrice Marina Sirka Mosur che sul sito lanotadeltraduttore.it scrive

"...La divertente raccolta di parole, di espressioni idiomatiche e di proverbi realizzata da Adam Jacot De Boinod, pur non seguendo criteri scientifici, è un valido e gradevolissimo contributo alla multiculturalità. Il lettore curioso scoprirà che l'inuit (Groenlandia e Canada) possiede un vastissimo vocabolario (non meno di 60 termini) per indicare la neve e il ghiaccio, che i mandriani masai del Kenya e della Tanzania hanno 17 parole diverse per i bovini, che la tribù boniwa del Brasile ne ha 29 per le formiche (hanno nome anche quelle commestibili!) e che i somali hanno a disposizione non meno di 43 parole per ogni varietà possibile di cammello..."



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