Storia classi quinte


Testo 2

Frammenti di testo tratti da "Memorie della mia vita" di Giovanni Giolitti




… Quantunque i metodi della violenza reazionaria fossero stati condannati dai fatti ed ormai in gran parte abbandonati, persisteva ancora nel Governo [nel governo Saracco], ed in molti dei suoi rappresentanti nelle province, la tendenza a considerare come pericolose tutte le associazioni di lavoratori; tendenza che era l'effetto di scarsa conoscenza delle nuove correnti economiche e politiche che da tempo si erano formate nel nostro come in tutti i paesi civili, e che rivelava come non si fosse ancora compreso che la organizzazione degli operai camminava di pari passo col progresso generale della civiltà.

Osteggiare questo movimento non avrebbe potuto avere altro effetto che di rendere nemiche dello Stato le classi lavoratrici, che si vedevano costantemente guardate con occhio diffidente anzichè benevolo da parte del Governo, il cui compito invece avrebbe dovuto essere di tutore imparziale di tutte le classi di cittadini. Un Governo, che non interveniva mai, e non doveva di fatto intervenire, quando i salari erano bassissimi, non aveva alcuna ragione di intervenire, come qualche volta faceva, quando la misura del salario, per la legge economica della domanda e dell'offerta, avesse pure raggiunto una cifra che ai proprietari paresse eccessiva. Questa non era funzione legittima del Governo.

La ragione principale per cui si osteggiavano le Camere del lavoro, era appunto questa: che l'opera loro tendeva a fare aumentare i salari. Ma se tenere i salari bassi poteva essere un interesse degli industriali, nessun interesse poteva avervi lo Stato. Ciò a prescindere dal fatto che è un errore ed un pregiudizio credere che il basso salario giovi ai progressi dell'industria; salari bassi significano cattiva nutrizione, e l'operaio malnutrito è debole fisicamente ed intellettualmente, e i paesi ad alti salari sono alla testa del progresso industriale.

Si lodava allora come una virtù la frugalità eccessiva dei nostri contadini; anche quella lode è un pregiudizio: chi non consuma non produce.

Ad ogni modo però, a mio avviso, quando il Governo, come allora usava, interveniva per tenere bassi i salari, commetteva un'ingiustizia, e più ancora un errore economico ed un errore politico. Una ingiustizia, perchè mancava al suo dovere di assoluta imparzialità fra i cittadini, prendendo parte alla lotta contro una classe in favore di un'altra. Un errore economico, perchè turbava il funzionamento della legge economica della domanda e dell'offerta, la quale è la sola legittima regolatrice della misura dei salari come del prezzo di qualsiasi altra merce. Ed infine un errore politico, perché rendeva nemiche dello Stato quelle classi che costituiscono la grande maggioranza del paese. Il solo ufficio equo ed utile dello Stato in queste lotte fra capitale e lavoro è di esercitare un'azione pacificatrice, e talora anche conciliatrice; ed in caso di sciopero esso ha il dovere di intervenire in un solo caso: a tutela cioè della libertà di lavoro, non meno sacra della libertà di sciopero, quando gli scioperanti volessero impedire ad altri operai di lavorare.

Ora a me pareva che a questi concetti liberali la condotta del Governo venisse meno osteggiando l'azione delle Camere del lavoro. Le Camere del lavoro non avevano per se stesse nulla di illegittimo; esse erano le rappresentanti degli interessi delle classi operaie, con la legittima funzione di cercare il miglioramento di quelle classi, sia nella limitazione ragionevole delle ore di lavoro, sia nell'aumento dei salari, sia nell'insegnamento che giovasse ad accrescere sempre più il valore della loro opera; ed io consideravo che se bene adoperate dal Governo, esse avrebbero potuto essere intermediarie utilissime fra capitale e lavoro.

E come c'erano le Camere di Commercio regolate per legge, io non vedevo alcuna ragione perchè lo Stato non potesse, anzi non dovesse disciplinare legislativamente le Camere del lavoro, mettendo così allo stesso livello, di fronte alla legge, tanto il capitalista che il lavoratore, ognuna delle due parti con la sua legittima rappresentanza riconosciuta dallo Stato. Si era per molto tempo tentato di impedire le organizzazioni dei lavoratori, temendone l'azione e l'influenza. Per conto mio io credevo assai meno temibili le forze organizzate che non quelle inorganiche, perchè sulle prime l'azione del Governo si può esercitare efficacemente ed utilmente, mentre contro i moti disorganici non vi può essere che l'uso della forza...

Il Ministero Saracco aveva avuto il merito di chiudere la fase della reazione, di uscire dalla strada perigliosa in cui i Governi precedenti da alcuni anni si erano smarriti. Ma esso pareva ormai giunto ad un punto morto, ed episodi come quello dello scioglimento della Camera del lavoro di Genova, mostravano che lo spirito reazionario non era del tutto vinto, e che non era del tutto passato il pericolo che su quella strada noi fossimo ancora respinti; mentre a mio avviso, era ormai giunto il momento di avviarsi risolutamente sulla strada opposta...

[ Appena il Parlamento si riunì, il governo Saracco, responsabile dello scioglimento della Camera del lavoro di Genova, fu messo in minoranza e cadde. Re Vittorio Emanuele III affidò, allora, l'incarico di formare un nuovo governo a Zanardelli ]

… Appena ricevuto l'incarico, Zanardelli mi chiamò offrendomi subito di andare con lui col portafoglio dell'Interno, e chiedendomi di aiutarlo nella formazione del Ministero...

La situazione più delicata per questo primo Ministero, interamente e francamente liberale, dopo un così lungo periodo di politica reazionaria e di politica indecisa, stava appunto nei metodi della politica interna. Noi tutti come partito, ed in particolar modo io personalmente, avevamo combattuta la politica di restrizione delle libertà, sostenendo la necessità che il paese fosse governato coi metodi liberali; ed a noi ora, venuti al potere, incombeva di fare l'applicazione integrale dei principi che avevamo propugnati.

Le difficoltà in cui il Governo, e soprattutto io, come Ministro degli Interni, ci trovavamo, erano di duplice origine; perchè da una parte i conservatori, alla Camera in parte, ma più specialmente nel Senato, mantenevano ostinatamente le loro posizioni e le loro tesi, e cercavano in ogni muover di fronda la conferma delle loro apprensioni e dei loro vaticini pessimisti; mentre d'altra parte i partiti più avanzati non si mostravano soddisfatti delle larghe concessioni ottenute ed accusavano il Governo di fare dei passi indietro, o per lo meno di non camminare abbastanza arditamente sulla via della libertà.

Avendo noi, ad esempio, riconosciuto pienamente il diritto di riunione, i socialisti e gli altri estremi ci rimproveravano quando il Governo interveniva contro riunioni convocate da scioperanti con lo scopo confessato di impedire con la violenza che lavorassero gli operai volenterosi di lavorare...

L'applicazione di una politica liberale ed imparziale, nei conflitti fra gli interessi delle varie classi, venendo dopo un lungo periodo di compressione, aveva inevitabilmente dato un grande impulso alle agitazioni popolari; era lo sfogo naturale di istinti, passioni ed interessi che per un lungo tempo non avevano potuto avere voce...

Si erano avuti, in pochi mesi, in quaranta province oltre centocinquanta scioperi agrari in cui erano stati coinvolti oltre duecentomila contadini; e in quella ampiezza e diffusione del movimento i conservatori volevano vedere soprattutto un disegno ed una organizzazione di carattere politico. Contro queste supposizioni stavano parecchi fatti; e in primissimo luogo la massima parte di questi scioperi, non solo non avevano dato luogo al minimo disordine, ma si erano composti con degli aumenti di pochi centesimi di salario e la diminuzione di qualche mezz'ora nell'orario di lavoro.

Le statistiche poi, con le cifre che io raccolsi e portai nella discussione, dimostravano che i salari dei lavoratori agricoli, specie degli obbligati e dei braccianti, nelle regioni dove gli scioperi erano scoppiati e le leghe di resistenza organizzate, erano di gran lunga inferiori a quelli di altre regioni dove nessuna agitazione si era manifestata; e che in molti casi, nonostante il notevole rincaro della vita, essi presentavano diminuzioni in confronto ai salari oltre vent'anni prima constatati dalla inchiesta Jacini, e già deplorati in quella inchiesta come assolutamente insufficienti agli elementari bisogni della vita...

… non erano certo nè economisti ne saggi uomini politici quei conservatori del Senato che insistevano perchè il Governo risolvesse [in favore dei padroni] ad ogni modo e con qualunque mezzo quei conflitti economici, e che presentavano particolarmente due domande; cioè che le leghe dei contadini venissero sciolte e in caso di bisogno si usasse l'esercito per fare i raccolti, quando i lavoratori persistessero nello sciopero. Per la prima io ricordai nei miei discorsi al Senato, che l'esperimento della forza aveva già dati pessimi risultati; e che lo Stato la sua forza doveva dimostrarla essenzialmente tenendosi entro i limiti della legge, senza offendere le libertà garantite dallo Statuto egualmente a tutti i cittadini.

L'organizzazione delle leghe di resistenza era legittima; nulla contro la legge potevasi accusare nei loro programmi e nella loro lotta pacifica per i miglioramenti economici; le loro domande erano pure entro i limiti della equità, perchè le misure di salario richieste erano così discrete, che con tali salari in molte parti d'Italia non si sarebbero trovati lavoratori; e se in tali condizioni il Governo fosse intervenuto contro le leghe, ciò avrebbe avuto per solo effetto di condurre le masse dei lavoratori a considerare il Governo come loro nemico, in quanto avrebbe violata la legge a beneficio di una parte contro l'altra, ed arrecando a questa danni economici gravi.

Il Governo non aveva che due doveri: quello di mantenere l'ordine pubblico ad ogni costo, e di garantire nel modo più assoluto la libertà del lavoro; e a questi doveri esso aveva pienamente adempiuto. E in quanto alla domanda, che mi faceva il senatore Faina, se il Governo sarebbe intervenuto con l'esercito per sostituire gli scioperanti, se questi si rifiutassero di compiere i raccolti, io dichiarai nettamente che non ero disposto a seguire quella via per tre ordini di ragioni: perchè la credevo non legale; perchè la consideravo non politica, ed infine perchè non si trattava di un servizio pubblico, nessuno potendo sostenere che mietere del grano per conto di privati fosse un pubblico servizio…



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Testo 1


IL PENSIERO ANARCHICO



“Vuoi rendere impossibile per chiunque opprimere un suo simile? Allora, assicurati che nessuno possa possedere il potere” (M. Bakunin)



Il termine “an-archia” deriva dal greco “αναρχία”, parola composta dalla radice α-(a-), senza, e dalla radice αρχ- (arch), governo, dominio e viene solitamente tradotto con le espressioni “senza-comando”, “senza-potere”, “senza-autorità”.

“Archi” (archi), primo termine di numerosi composti, deriva dal verbo “archein” (comandare). Così “archia”, nelle parole composte dotte significa “governo”, “dominio” (mon-archia,
olig-archia)

“Arché” però, prima ancora di “comando”, “potere”, “autorità”, significa “principio”, “origine e fine di tutte le cose”, perciò “anarchia” può anche voler dire “senza principio”, “senza divinità”, “senza dogmi”.

Una delle definizioni del pensiero anarchico (in forma sintetica) è infatti “né Dio né padrone”. Sébastien Faure disse: “Chiunque neghi l'autorità e combatta contro di essa è un anarchico”.

Definizione molto semplice, e per questo incompleta e alla fine fuorviante. Il pensiero anarchico è in realtà un pensiero complesso, policromo, talvolta contraddittorio.

E' un pensiero che ha una sua storia peculiare e un proprio originale nucleo teorico-concettuale, che lo distingue da altre dottrine politiche, come il socialismo o il liberalismo, e che lo rende in un certo senso più ampio di queste, in quanto tende ad occuparsi dell'intera vita umana e non soltanto della gestione politica o di quella economica.

Ma ciò che soprattutto lo distingue dalle altre dottrine politiche, è che per l'anarchismo non esiste una “umanità astratta” (di cui invece trattano tanto il liberalismo quanto il socialismo di stato e il comunismo autoritario), ma singoli uomini concreti. Il pensiero anarchico pertanto, diversamente dalle altre dottrine politiche, non ritiene di aver compreso per via filosofica la “natura” dell'uomo, e non si considera legittimato a prescrivere un codice morale e un'etica di comportamento che implichino diritti e doveri uguali per tutti gli uomini. Nell'anarchia è di fondamentale importanza l'autodeterminazione dell'individuo, di ogni singolo individuo, che è unico e diverso da tutti gli altri…

Il pensiero anarchico è un pensiero legato strettamente all'azione.

L’anarchismo non deriva da riflessioni astratte di qualche intellettuale o filosofo, ma dalla lotta diretta dei lavoratori contro il capitalismo, dalla ribellione degli oppressi contro i loro oppressori, dai bisogni e dalle necessità di questi uomini e dalle loro aspirazioni di libertà ed eguaglianza. I pensatori anarchici, quindi, come Bakunin o Kropotkin, non inventarono l'idea dell'anarchismo, semplicemente la scoprirono nelle masse oppresse e sfruttate e la rafforzarono, la chiarirono e la divulgarono.

E' l'azione pertanto che dà origine al pensiero. Il fine ultimo dell'anarchismo è infatti quello di un cambiamento sociale. L'anarchia critica la società esistente, di conseguenza non respinge il potere terreno in base a considerazioni prettamente filosofiche o religiose.

L'anarchia non sogna un mondo ultraterreno. Si occupa di questo mondo. Non si esaurisce in desideri o fughe individuali. Né si è mai considerata un pensiero elitario. E’ un pensiero concreto e radicato nel mondo che lo circonda, aperto a tutti quanti gli uomini. Esistono infatti sia il pensiero anarchico che il movimento anarchico, nelle sue varie fasi, forme ed espressioni. E sono qualcosa di inscindibile. Uno non può esistere senza l'altro.

L'anarchia in senso astratto non ha senso per gli anarchici, ciò che essi desiderano è realizzarla concretamente, qui e ora. Le idee da sole non significano nulla: vanno messe in pratica nella vita di tutti i giorni, in quella pubblica come in quella privata (per gli anarchici non esiste questa distinzione, così come non esiste distinzione tra i mezzi e il fine che si vuole raggiungere), tentando di realizzare in ogni gesto, singolarmente e in comunione con gli altri, quel mondo più umano, più libero, più giusto, che è al centro dell'ideale anarchico.

Nell'immaginario della maggioranza degli individui il termine “anarchia” viene associato al caos, al disordine, alla violenza. O all'individualismo e all'egoismo. Oppure, anche riconoscendola come dottrina socio-politica, si tende ad accostarla al “nichilismo” o al “terrorismo”. Tutto questo avviene perché tanto la storia del pensiero anarchico quanto quella del suo movimento sono ben poco conosciute e sono sempre state tenute in ombra. Non è facile così riuscire a capire che anarchia non significa affatto disordine: caso mai il suo contrario, nel senso che gli anarchici tentano di ritrovare, di ricostituire quello che per loro è l'”ordine naturale” delle cose e della vita, deformato e stravolto nel tempo dalle varie forme di sopraffazione, di dominio, di sfruttamento e di potere.

Come pensare che uomini come Tolstoj e Godwin, Thoreau e Kropotkin, le cui teorie sociali sono state definite anarchiche, volessero portare nient'altro che il caos, il disordine, la violenza nella società?...

il pensiero anarchico non piace a chi è al potere: anarchia e potere sono nemici da sempre. (Così come anarchia e gerarchia, anarchia e autoritarismo, anarchia e verticismo). Gli anarchici non vogliono conquistare il potere (neppure in “nome del popolo”), vogliono eliminarlo. In altre parole si può dire che vogliono frantumarlo  e ridistribuirlo in migliaia e migliaia di piccole unità, tante quanti sono gli esseri umani.

Quali sono dunque i caratteri fondamentali del pensiero anarchico? Quali i suoi valori di riferimento? Quando hanno cominciato ad essere effettivamente utilizzate le parole “anarchia”, “anarchismo”, “anarchico”?

Durante la Rivoluzione francese il girondino Brissot definiva anarchici il movimento degli Enragés (‘arrabbiati’), e nel 1793 dava questa definizione dell'”anarchia”: “Leggi non tradotte in effetto, autorità prive di forza e disprezzate, il delitto impunito, la proprietà minacciata, la sicurezza dell'individuo violata, la moralità del popolo corrotta, nessuna costituzione, nessun governo, nessuna giustizia: queste  le caratteristiche dell'anarchia.” Definizione quindi del tutto negativa, rafforzata in seguito dal Direttorio, che sarebbe sceso addirittura alle ingiurie: “Per «anarchici» il Direttorio intende quegli uomini carichi di delitti, macchiati di sangue, impinguati dalle ruberie, nemici di tutte le leggi che non sono state fatte da loro, di tutti i governi in cui loro non governano...”

Possiamo invece attribuire una prima riconoscibile e coerente formulazione del pensiero anarchico all'illuminista inglese William Godwin (1756-1836), quando venne data alle stampe nel 1793 la sua opera Enquiry Concerning Political Justice (che si basa su di un assunto di matrice liberal-libertaria, già sviluppato tra gli altri da Thomas Paine, John Locke e Thomas Jefferson, e cioè la contrapposizione tra la società, considerata naturale e buona, e il governo, lo stato, ritenuto artificioso e malvagio, nato in un'epoca di immaturità della ragione e che si basa unicamente sulla forza, al di là delle varie giustificazioni mitiche sulle quali pretende di reggersi).

Il primo ad adottare orgogliosamente per sé il termine “anarchico” fu il pensatore francese socialista Pierre Joseph Proudhon, nel suo “Che cos'è la proprietà?” che uscì nel 1840. “Quale dev'essere la forma del governo nel futuro? Sento alcuni dei miei lettori rispondere: «Ma via, come puoi fare una domanda simile? Tu sei un repubblicano.» Un repubblicano! Si, ma questa parola non dice ancora nulla di preciso. ‘Res publica’ significa la cosa pubblica; chiunque si interessi alla condotta della cosa pubblica, sotto qualsiasi forma di governo, può dunque chiamarsi repubblicano. Persino i re sono repubblicani. «Ma tu sei un democratico.» Neanche per sogno....«Che cosa sei allora?» Sono un anarchico!”.

Proudhon, convinto che nella società operi una legge naturale d'equilibrio, ritenne l'autorità nemica  e non amica dell'ordine, e ribaltò così le accuse rivolte agli anarchici, rivolgendole a sua volta ai fautori del principio autoritario.

Possiamo citare come valori di riferimento del pensiero anarchico quelli emersi dalla Rivoluzione francese: libertà, eguaglianza, solidarietà. (Valori che non hanno poi trovato, a seguito di quella lunga e sanguinosa vicenda, la loro vera e piena applicazione e realizzazione; l'emergente borghesia fece leva su quei valori, ma li adoperò per i propri interessi).

Anche il liberalismo e il socialismo fecero propri questi valori, ma l'interpretazione anarchica è profondamente diversa: se per il socialismo il valore principale di riferimento è l'uguaglianza e per il liberalismo la libertà, per l'anarchismo tali valori sono del tutto inscindibili e non possono che darsi contemporaneamente. Non vi può essere libertà senza uguaglianza né uguaglianza senza libertà. E la solidarietà verso gli oppressi è sempre presente.

Ai temi della critica e della lotta contro ogni forma di potere, l'anarchismo affianca il sogno e il progetto di una società di liberi ed uguali. Una società armonica, che ritrovi il suo proprio equilibrio e quello con la natura intorno a sé.

L'amministrazione degli affari sociali ed economici sarà affidata a piccoli gruppi locali, libere associazioni tra individui, senza regie dall'alto, senza padroni o capi di alcun genere. Quindi federazioni di comuni e di lavoratori, coordinate tra loro in modo circolare e orizzontale, fondate sull'autogestione e la cooperazione, una rete organica di interessi che si equilibrano a vicenda, basata sulla naturale tendenza degli uomini ad aiutarsi reciprocamente.

L'anarchia non è una forma estrema di democrazia: se nella democrazia sovrano è (teoricamente) il popolo, per gli anarchici “sovrano” deve essere l'individuo, che non ha alcun bisogno di delegare ad altri la gestione dei suoi interessi né di essere “rappresentato”, e che ha pieno diritto di scelta.

Inoltre, il pensiero anarchico nega il diritto di qualsiasi maggioranza di imporre la sua volontà a una minoranza. Nega quindi valore in sé alle leggi degli uomini. “Qualsiasi legge deve comparire prima di tutto davanti al tribunale della nostra coscienza.” disse Elisée Reclus, geografo anarchico francese protagonista della Comune di Parigi. “V'è un solo potere”, scrisse Godwin, “al quale posso prestare un'obbedienza convinta: la decisione della mia intelligenza, il comando della mia coscienza.”.

L'anarchismo rifiuta, oltre a qualsiasi forma di monopolio dei mezzi di produzione e dei prodotti, così come del sapere, la divisione gerarchica del lavoro (intellettuale e manuale) e qualsiasi dicotomia e antagonismo tra città e campagna, tra mente e corpo.

Questo sogno e questo progetto sono stati descritti e rincorsi in modi diversi: l'anarchismo non possiede una sola anima, al suo interno hanno sempre convissuto approcci differenti, tra cui quello rivoluzionario tout court, che considera legittimo il ricorso alla violenza per distruggere gli istituti del dominio, quello gradualista, basato principalmente sulla costruzione graduale e pacifica, quello educazionista o “pedagogico”, che mette al primo posto l'educazione del popolo, la diffusione di una cultura libertaria e il risveglio delle coscienze…


Frammenti di pensiero anarchico


“Organo e funzione sono termini inseparabili. Levate ad un organo la sua funzione: o l’organo muore o la funzione si ricostituisce. Mettete un esercito in un paese in cui non ci siano né ragioni né paure di guerra interna o esterna, ed esso provocherà la guerra, o, se non ci riesce, si disfarà. Una polizia dove non ci siano delitti da scoprire e delinquenti da arrestare, inventerà delitti e delinquenti, o cesserà di esistere.”  E. Malatesta

“Quando i governi opprimono e sfruttano fanno il loro mestiere e chiunque gli affida senza controllo la libertà non ha il diritto di meravigliarsi che la libertà sia immediatamente disonorata. Se la libertà è oggi umiliata o incatenata, non è perché i suoi nemici hanno usato il tradimento, ma perché i suoi amici hanno dato le dimissioni.”  A. Camus

“Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza (…)”.  E. Malatesta

“Siccome fu pensato che un governo era necessario e che senza governo ci sarebbe solo disordine e confusione, era naturale e logico che l'anarchia, che vuol dire assenza di governo, suonasse come assenza d'ordine. (...)
Cambia opinione, convinci il pubblico che il governo non solo non è necessario, ma estremamente dannoso, e poi la parola anarchia, proprio perché significa assenza di governo, diventerà per tutti: ordine naturale, unione di bisogni ed interesse di tutti, completa libertà entro completa solidarietà.”  E. Malatesta

“La libertà senza socialismo è privilegio, ingiustizia; il socialismo senza libertà è schiavitù, barbarie.”  M. Bakunin

“La morale non ha altra sorgente, altro stimolante, altra causa, altro oggetto che la libertà. Essa stessa non è altro che libertà. Tutte le restrizioni che sono state imposte a quest’ultima allo scopo di proteggere la morale si sono dunque volte a detrimento di questa.”  M. Bakunin 


Fonte: frammenti di testo tratti da uno scritto di Silvia Ferbri

1 commento:

  1. Prof salve non so se si ricorda di me sono un suo ex studente di ostia, mi piacerebbe avere un suo recapito per contattarla, l'unico modo che ho trovato per ora era questo di commentare sul suo blog! Grazie e scusi ancora

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