Quali sono le virtù di un buon fotoreporter?
"Innanzitutto la curiosità intellettuale. Poi la lealtà nel raccontare nel modo più semplice possibile, senza inutili fronzoli o bizzarrie. Ancora, lo scarso uso di obiettivi sofisticati e il rispetto e la sensibilità verso gli altri, i protagonisti del nostro racconto fotografico".
Peccato che il mondo dei media proceda nella direzione opposta: cinismo e spettacolarizzazione.
"È vero, ma io sono un inguaribile ottimista e vedo comunque luoghi e prove contrarie di quello che dice. Mi attengo sempre alla sintesi deontologica del fotografo tracciata da Kapuscinski: conservare uno spazio di ingenuità. Soltanto così non si diventa cinici... E ora che mi ci fa pensare mi torna alla mente un romanzo finlandese, L'anno della lepre, che racconta la storia di un giornalista e di un fotografo che stanno tornando ad Helsinki, di sera. Tutti e due hanno un grande successo, ma sono completamente disgustati da quello che fanno. Guidando la macchina, il fotografo urta qualcosa. È un leprotto, che si allontana malconcio con il giornalista che gli va appresso mentre il fotografo comincia inutilmente a chiamare l'amico. Ma l'altro non risponde, si inoltra nel bosco e scompare. Comincia così l'anno della lepre, quasi che l'incontro con il dolore procurato a quell'animale, abbia risvegliato il giornalista spingendolo a intraprendere una nuova vita".
E il fotografo, che fine fa?
"Va per i fatti suoi, presumo. Anche perché sa, tendenzialmente non si attribuiscono a noi fotografi grandi pensieri filosofici. Ci vedono come dei tecnici, degli elettricisti, degli idraulici. Ricordo quando andai a ritrarre il grande storico Georges Dumézil. Aveva una casa che sembrava un camminamento della prima guerra mondiale. Solo montagne di libri. Nient'altro. Finché arriviamo in un salottino e lui, bruscamente, si mette in posa per sbrigare in fretta la pratica. Ma l'occhio mi cade su un libro sugli ittiti e cominciamo una conversazione di due ore e passa, finita poi in un bistrot a bere vino. Mai Dumézil avrebbe pensato di trovarsi di fronte un fotografo pensante".
Frammento di intervista a Mario Dondero
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