lunedì 29 aprile 2024

“Siamo tutti venuti fuori dal cappotto di Gogol”

Continuando a evolversi lentamente, il racconto è sopravvissuto a lungo e con difficoltà all'ombra del romanzo. I due generi non erano in conflitto, anzi il loro contrasto arricchiva entrambi, perché uno prendeva qualcosa dall'altro. Ma non si poteva ancora dire, come oggi, che mentre il romanzo mostra tutto, il racconto si limita al minimo indispensabile.

“Siamo tutti venuti fuori dal cappotto di Gogol”, diceva Turgenev, e anche se alludeva soprattutto agli scrittori russi di racconti, la sua osservazione vale ovunque si scrivano storie.

Narrando di Akakij Akakievic e della sua ricerca del cappotto rubato, Gogol creò qualcosa che in letteratura era ancora sconosciuto. The Lonely Voice, il classico studio di Frank O'Connor su questo genere, cita Il cappotto come il primo esempio di racconto che rompe con quel che lui chiama “l'arte pubblica” del raccontar storie. Il miserabile impiegatuccio di Gogol, continuamente preso in giro e insultato perché è una nullità, non riesce a sollevarsi da una meschinità che gli diventa intollerabile quando spende tutti i suoi soldi per sostituire il cappotto liso con uno nuovo, per poi vederselo quasi immediatamente rubare. È tutto qui, ma in quello sfavorevole incidente, e nelle circostanze fatali che ne derivano, Gogol sapeva esserci una verità degna di essere indagata.

Sapeva Istintivamente che non era materia per un romanzo, un pathos di maggior lunghezza sarebbe apparso forzato e che il vigore del racconto ne sarebbe stato indebolito. Solo la brevità avrebbe potuto offrire l’immediatezza necessaria a comunicare quel che Gogol voleva dire e, con Il cappotto, diede al racconto una forma che prima non esisteva. Gli conferì un'identità e fissò il carattere che poi ha sempre mantenuto…”

William Trevor (il più importante scrittore vivente di racconti in lingua inglese)



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