domenica 8 marzo 2015

Dottori

— È stato cinque anni in America — disse il dottor Balbi al vecchio collega seduto accanto a lui.
— Medicina americana! — rispose l'altro.
E Andrea, vedendogli fare quella smorfia di disprezzo, pensò:
— Hanno paura che il nuovo arrivato non ammazzi la gente piú alla spiccia di loro!
Il dottor Follini, preceduto dalla contessa, giunse all'ora precisa, e i due dottori, salutatolo, lo squadrarono da capo a piedi. Quel giovane, alto, snello e biondo, non prometteva nulla di serio. Ma il Balbi, con la sua aria di dottore che la sa lunga, non fu meno cortese per questo. E cominciò la relazione ab ovo, parlando lentamente, riposatamente, con pause soffiate di naso, e citazioni latine. Il dottor Costa, rovesciata indietro la testa di bulldog, con la bocca e gli occhi socchiusi, pareva mezzo addormentato dalla monotona voce del collega. 

Il dottor Follini ascoltava attentamente, con deferenza. E di tratto in tratto, i guaiti del signor Paolo arrivavano, strazianti, a interrompere l'intercalare: veda, veda, che il dottor Balbi profondeva in quest'occasione con piú frequenza del solito.

Il dottor Follini non rispose nulla: volle entrare dall'ammalato. E neppure lí aperse bocca. I due vecchi colleghi si guardavano negli occhi, sorpresi dal silenzio di quel ciarlatano all'americana, com'essi già lo chiamavano fra loro. 

Tornati in salotto, il Follini disse: — A mali estremi, rimedi estremi; io, disperatamente, propongo il curaro. Quegli altri si ammiccarono malignamente, diffidenti: — Il curaro aveva detto? — È un terribile veleno — continuò il dottor Follini. — Preso per bocca, anche a grandi dosi, non produce cattivi effetti; è anzi, per le malattie nervose, un rimedio efficacissimo. Sciolto nell'acqua e iniettato nel sangue con la punta d'uno spillo intintovi dentro, uccide in pochi minuti. Stranissimi i sintomi. L'uomo o l'animale colpito prova una specie di stordimento, una stanchezza, e pare si addormenti. In una foresta del Brasile ho veduto morire cosí un indiano. La freccia avvelenata, tirata ad un uccello, gli era caduta addosso, ferendolo a un braccio. “È finita!” esclamò! E toltasi di spalla, insieme con l'arco e le frecce, la piccola scatola di bambú che conteneva il veleno, si adagiò sull'erba. Dieci minuti dopo era morto, senza il piú lieve contorcimento.

Luigi Capuana - Giacinta

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