domenica 2 giugno 2024

Marguerite Yourcenar: scritti, amicizie e amori omosessuali

Tra i tanti rimandi all’omosessualità, oltre al testo dedicato a Mishima (Mishima o la visione del vuoto, 1980) e la traduzione di un dramma di James Baldwin, va ricordato il prezioso contributo dato alla conoscenza di Kavafis, da lei "scoperto” nel 1936.

In Grecia Marguerite vive uno degli amori lesbici più importanti e duraturi della stagione antecedente alla partenza per l'America, quello con Lucy Kyriakos, sposata e madre di un bambino. Tra i documenti secretati dalla Yourcenar e affidati all'Università di Harvard per essere custoditi sino a cinquant’anni dalla propria morte, compare il biglietto destinato a Lucy nel 1940 e non spedito perché intanto la destinataria era deceduta all'inizio della seconda guerra mondiale durante il bombardamento di Giannina. Il contenuto è stato divulgato ed è significativo perché non dice nulla di particolare salvo terminare con un tenero "love", assolutamente inedito per la Yourcenar (se ne deduce abbia voluto che si sapesse che l'aveva veramente amata). Altra promozione di autori omosessuali è la traduzione de Le onde di Virginia Woolf, incontrata nel febbraio del 1937 (“due brevi ore trascorse accanto ad una donna al tempo stesso sfavillante e timida” in un salone tenuamente illuminato dal chiarore del fuoco al crepuscolo). 

In un articolo del luglio di quell'anno su Les Nouvelles Littéraires, afferma meditando sulla Woolf: "pensavo tra me che nulla è davvero perduto fintanto che ammirevoli artigiani si dedicano con pazienza, per la nostra gioia, al loro arazzo pieno di fiori e di uccelli, senza mai mescolare alle opere il resoconto indiscreto delle loro fatiche, e il segreto del succhi spesso dolorosi nei quali le loro belle lane sono state intrise”. Frasi adatte per il suo stile votato alla marmorizzazione del materiale personale utilizzato per la creazione artistica. Per inciso la Woolf ha appuntato nel suo diario: “è una donna che deve avere un passato: portata all'amore, intellettuale … Labbra  rosse; si dà molto da fare; una francese laboriosa”.

E’ in quello stesso mese del 1937, di ritorno da Londra, che avviene a Parigi al bar dell'hotel Wagram l'incontro amoroso ed esistenziale decisivo, quello con l'americana Grace Frick, coetanea (“un’amica più vecchia di me” dirà lei in quanto nata cinque mesi dopo), figlia di un’agiata famiglia dell'Ohio, rimasta orfana presto e votata all'insegnamento. Una storia lunga più di quarant’anni, che ha fatto letteralmente di due persone una. 

Grace, ben presente all'epoca del già citato Le coup de grace (“in ogni copia è il suo nome di battesimo”), di cui è stata peraltro curatrice della traduzione americana del 1957, si pone al servizio a mo’ di “formica” del genio di Marguerite e si lascia usare come “un utensile” in cambio dell’appropriazione esclusiva, rivelandosi il vero sostegno e la forza segreta della grande scrittrice (che le riconoscerà di aver “dato forma” alla sua vita nella crisi dopo l'abbandono dell'Europa ed essere stata la sua “famiglia”). Fa una certa impressione pensare alle difficoltà materiali di Marguerite negli anni Quaranta, immaginarla alzarsi alle quattro del mattino per prendere il treno e recarsi al lavoro di insegnante, part time, di francese e italiano presso l'Università Sarah Lawrence di Bronxville a nord di New York (per otto anni, dal 1942 al 1953).

Dopo la morte di Grace nel 1979, Marguerite torna alle passioni della "giovinezza": i viaggi e l'amicizia strettissima con un omosessuale, Jerry Wilson, fotografo bilingue di origine americana. 

E’ su quest'uomo di quarantasei anni più giovane che riverserà l'affetto e le attenzioni, associandolo ad André, la vecchia fiamma degli anni Trenta (e immaginando di impersonare Adriano rispetto ad Antinoo), e con lui viaggerà in Europa, Asia e Africa, nel tentativo di esplorare a fondo la prigione nella prospettiva di lasciarla. Jerry muore di Aids nel febbraio del 1986 a Parigi. 

La lucidità mentale non le è certo mancata, se si pensa che ha tenuto la sua ultima conferenza all'Università di Harvard il 14 ottobre 1987 (due mesi prima della morte avvenuta il 17 dicembre in seguito ad un attacco cerebrale), dedicata a Jorge Luis Borges, “il veggente”, scomparso nel 1986. 

È Nel 1987 che ha distrutto molte delle sue carte, perché voleva restasse solo il profilo da lei disegnato. D'altronde, aveva in pratica rivisto e riscritto di continuo quasi tutti i suoi libri. Gli archivi rimasti sono per la maggior parte depositati presso la Houghton Library (Harvard) e saranno sotto Sigillo fino al 2037: "il tempo di passare dal ricordo alla storia", dice la Savigneau. Nessuno è autorizzato alla consultazione, si sa che si tratta soprattutto di lettere a Grace Frick e di frammenti dei Diari.

A conti fatti, Marguerite ha soppresso quel che non voleva fare sapere, non tanto per nascondersi, piuttosto per non dover subire la morbosità o la strumentalizzazione altrui. In una missiva del 1973 ha asserito: "In materia di vita personale, bisogna o dire tutto con fermezza e senza possibilità d’equivoci, o al contrario non dire nulla di nulla”.

In un suo taccuino la Yourcenar ha riportato e sottolineato una frase di Natalie Barney (l’amazzone americana trapiantata a Parigi, angelo custode delle lesbiche di mezzo mondo, al cui deciso intervento si deve la conferma della sua nazionalità statunitense e con la quale è stata in corrispondenza per un ventennio), contenuta in una raccolta di aforismi del 1910: "la vita più bella è quella che si passa a creare se stessa, non a procreare”. 

Colpisce che Marguerite ribadisca di continuo l’insignificanza della biografia, eppure annoti tutto, archiviando piccoli e grandi avvenimenti, copiando ogni messaggio e lettera inviata a corrispondenti vicini e lontani. In lei si confondono e compongono lo scrittore, l'individuo e il personaggio (“quest'ombra o questo riflesso che a volte lo stesso individuo contribuisce a proiettare”). Sicché si può dire che abbia inteso vivere come voleva si raccontasse (echeggiando Gide), facendo delle esperienze una sorta di canovaccio adatto alla ricostruzione letteraria. 

Viceversa ha scritto in modo tale da non far sentire il travaglio creativo, mirando alla perfezione della statua o della pietra preziosa. Per questo valgono a suo riguardo le parole da lei stessa pronunciate su Roger Caillois nel 1981: “di persona l'ho conosciuto poco… Ma ho fatto di meglio: ho letto i suoi libri". E ancora: "non era vero - mi dicevo - che quest'uomo non fosse più, perché tutto ciò che è stato continua a essere”. Le sue ceneri sono state riposte in un paniere indiano avvolto dal bianco scialle di seta disegnato da Yves Saint Laurent per il suo ingresso all'Accademia. Nel momento del suo trapasso, Dee Dee Wilson (l'infermiera oramai amica del cuore) ha aperto la finestra della stanza, come aveva fatto Marguerite in occasione della morte di Grace, per consentire allo spirito di “uscire”. “Ci deve ben essere un paradiso da qualche parte”, sembra sia stata una delle sue ultime frasi.

Mattia Morretta - Tracce vive. Restauri di vite diverse

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