sabato 29 giugno 2024

Uomo di parole

Il suo mondo era interamente verbale: la musica, il colore e la forma vi entravano di rado. Borges confessò molte volte che nel campo della pittura era sempre stato cieco. Amava le opere dell'amico Xul Solar e di sua sorella, Norah Borges, e quelle di Durer, Piranesi, Blake, Rembrandt, Turner; ma erano amori letterari, non iconografici. Criticava El Greco perché aveva popolato i suoi cieli di duchi e arcivescovi (“Un paradiso che assomiglia al Vaticano:  la mia idea di inferno”) e si esprimeva di rado su altri pittori. Sembrava Inoltre sordo alla musica. Diceva di ammirare Brahms (uno dei suoi racconti migliori e intitolato "Deutsches Requiem"), ma lo ascoltava raramente. Ogni tanto, di fronte a Mozart, assicurava di essersi convertito e di non riuscire a capire come avesse potuto farne a meno per tanto tempo; poi se ne dimenticava del tutto, fino alla successiva epifania. Cantava, o canticchiava, vecchi tanghi o milongas, ma detestava Astor Piazzolla, che aveva rinnovato con tanta astuzia la musica di Buenos Aires. Secondo Borges, il tango aveva cominciato a declinare dopo il 1910. Nel 1965 scrisse le parole per una mezza dozzina di milongas, ma diceva che non avrebbe mai scritto le parole per un tango. “Il tango compare tardi, e per il mio orecchio è troppo sentimentale, troppo vicino a canzoni francesi strappalacrime come Lorsque tout est fini…”. Diceva di essere appassionato di jazz. Ricordava le colonne sonore di certi film: non tanto per la musica in sé quanto per il modo in cui assecondava la storia, come nel caso della partitura di Bernard Herrmann per Psycho, un film che ammirava moltissimo e considerava “una versione del mito del Doppelganger, in cui l'assassino si trasforma nella madre, la persona che ha assassinato”. Trovava questa idea misteriosamente attraente. 


Alberto Manguel  Con Borges


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