domenica 18 agosto 2024

Lo studio è fatica

“Non credo sia veramente utile isolare l'attività intellettuale dal lavoro manuale e far del pensatore, dell'uomo di cultura, dell'intellettuale un essere a parte, avulso dalla società, per un suo privilegio che gli può venire invidiato. Controparte necessaria di questa posizione è l'aspirazione dei lavoratori manuali ad acquistare quella cultura, quell'istruzione che ritengono privilegio appunto perché, come il Pieper, le ritengono scholè, ozio, agio, comodo. Questa aspirazione e questa illusione hanno indotto i soliti demagoghi della nostra epoca a levare alte grida per un'istruzione democratica, aperta a tutti, anche nei suoi gradi superiori. Ma poiché studiare, pensare è in realtà lavoro, lavoro faticoso e duro, si sarebbe distrutta l'illusione che la cultura sia ozio e divertimento se non si fosse eliminato dall’istruzione tutto ciò che è difficile, tutto ciò che è penoso, e non si fosse ridotta l'istruzione superiore (almeno in certi paesi) al livello culturale di un gioco di parole incrociate, facendo della scuola in tutti i suoi gradi una specie di giardino d'infanzia prolungato. Infatti, se si fosse imposta, come istruzione obbligatoria, la vera istruzione, lavoro a volte più penoso di quello manuale, il popolo avrebbe rifiutato decisamente di venire educato. E’ proprio la presunzione che sapere, conoscere, imparare non siano lavoro, che porta a una decadenza della cultura proporzionale al prolungamento dell'età scolastica. Quando esisteva ancora una vera cultura, l'attività intellettuale veniva considerata come lavoro, come ‘preghiera’ della classe intellettuale per tutto il resto dell'umanità. La persona colta si ritirava nella sua torre d'avorio, ma anche là non le era permesso di distinguere tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra leisure  e arte servile. Essa viveva sotto la regola: Ora et labora”.

Mario Manlio Rossi Nota critica sulla concezione del lavoro di J. Pieper, “Giornale di metafisica”, 1952.




Nessun commento:

Posta un commento