In un passo di una sua opera Ernst Junger afferma che con la prima guerra mondiale si è celebrato il “macabro trionfo” della tecnologia sull’uomo.
Il “macabro trionfo” di cui parla Junger non si limitava alla realtà della morte di massa nella guerra di trincea, ma si riferiva a un'altra sconfitta, ancora più profonda: quella dell'essere umano che soccombe alla macchina. Nell’anteguerra soltanto gli autori di più rara lungimiranza avevano capito che l'epoca della meccanizzazione era già una realtà, e che le ricadute della tecnologia erano impossibili da prevedere. La guerra di trincea non aveva fatto che manifestare quella verità in modo fulmineo e con violenza brutale.
Da quel momento, era il timore, uomini e donne sarebbero stati schiavi delle macchine, ingranaggi di un colossale meccanismo finalizzato alla produzione del benessere per una ristretta élite. Negli anni venti e trenta quell'immagine distopica entra a far parte dell'immaginario popolare. Film come Metropolis di Fritz Lang (realizzato nel 1926) o, di lì a una decina d'anni, Tempi moderni di Charlie Chaplin, la drammatizzano senza posa.
Philipp Blom - La grande frattura
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