domenica 2 febbraio 2025

Il perdono dello Stato

Lo diceva già Voltaire: “Il grado di civiltà di un paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”. Ma si misura anche dai rimedi che lo Stato sappia offrire rispetto all’emergenza, ed è qui che viene in soccorso l’antico istituto dell’amnistia. I romani lo mutuarono dall’esperienza greca…

Ebbe un timbro politico la prima amnistia della nostra storia nazionale, concessa il giorno stesso dell’unificazione: 17 marzo 1861. Così come la celebre amnistia firmata da Togliatti il 22 giugno 1946, con cui fu battezzata la Repubblica italiana. Seguita poi da un nuovo provvedimento di clemenza nel 1948, quando l’Assemblea Costituente concluse i suoi lavori...

Quante amnistie vennero elargite nei primi centocinquant’anni di storia patria? Trecentrentatre, una ogni semestre. E a scartabellare fra i loro destinatari, fra i reati perdonati, se ne trovano della più varia risma… Come il taglio degli ulivi e l’abbattimento dei gelsi (condonati nel 1920). La “coltivazione di tabacco nell’isola di Sicilia” (nel 1867). L'evasione dell’imposta sul consumo di vino (1921). Il furto di legna, su cui il giovane Marx scrisse nel 1842 una pagina indignata, e che cinquant’anni dopo venne amnistiato dal nostro giovane regno…

Del resto persino il fascismo, nonostante la sua faccia cattiva, non fece mai mancare agli italiani la loro dose di perdono: in vent’anni le amnistie, gli indulti, le sospensioni della pena furono in tutto 51.

Dopo di che interviene una cesura, un taglio netto. Dal troppo al nulla, com’è nei nostri costumi. Succede nel 1992, quando le camere riscrivono l’articolo 79 della Costituzione. In precedenza, nel testo firmato dai costituenti, per licenziare un’amnistia o un indulto bastava un decreto del Presidente della Repubblica. Ora occorre una decisione parlamentare adottata a maggioranza dei due terzi...

Michele Ainis - 8 agosto 2024  La Repubblica

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